Distillerie Poli, innovazione è tradizione
Distillerie Poli, innovazione è tradizione
Dal 1898 Poli Distillerie trasmette amore per la grappa, una strada in salita che vede protagonista la tradizione unita all’innovazione
La tradizione e l’artigianalità sono sicuramente alcuni dei punti fondamentali del suo successo, ma anche l’innegabile capacità di innovare il prodotto e la comunicazione hanno fatto di Poli Distillerie la realtà che oggi conosciamo.
Come avete vissuto e affrontato in azienda i momenti di innovazione che vi caratterizzano da sempre? E quali sono state le decisioni di maggiore impatto economico?
«Ieri era il telefono, oggi è l’intelligenza artificiale. L’innovazione porta sviluppi anche nel piano personale, grazie all’invenzione del telefono mio padre ha conosciuto e sposato mia madre. Negli anni abbiamo innovato impianti e tecnologie, di fatto la tradizione è innovazione che nel tempo ha resistito.
Oggi ci siamo innovati realizzando prodotti per soddisfare i clienti evoluti, prima la grappa era un prodotto semplice per gente semplice, oggi è più affine ai gusti contemporanei delle persone. Cambia il modo di usare gli ingredienti, le temperature, le tecnologie, ma l’amore per la grappa e la qualità del prodotto è rimasto invariato.
Nel 2010, a seguito di un lavoro di ricerca eseguito dalla fondazione Mach di San Pieve all’Adige in collaborazione con l’Università di Trento, abbiamo installato un impianto sottovuoto per cercare di capire come la riduzione della pressione all’interno della caldaia avrebbe potuto migliorare il profilo organolettico dell’acquavite.
A un primo impianto pilota installato nel 2005 è seguito un impianto produttivo, il più innovativo esistente in Italia per la produzione della grappa. Ma non ci siamo fermati, due anni fa abbiamo installato sensori che misurano la pressione, la temperatura, il flusso, parametri utili per monitorare il ciclo di distillazione.
Abbiamo raccolto i dati per studiare come cambiare i parametri in determinati punti dell’impianto. Oggi modificando un parametro alla volta possiamo effettuare dei confronti per creare delle ricette nuove ed evolvere il prodotto. Siamo tornati sui banchi di scuola per cogliere nuove opportunità».
Come ha risposto il mercato alle vostre proposte più innovative?
«Grazie all’utilizzo del nuovo impianto a bagno maria e sottovuoto abbiamo realizzato prodotti innovativi come Cleopatra Moscato Oro, Cleopatra Amarone Oro e Due Barili, grappa realizzata dalla vinaccia di uva per Prosecco; prodotti molto apprezzati perché il loro profilo aromatico è estremamente delicato.
La nuova tecnologia permette infatti di estrarre profumi più floreali, delicati, rispetto alle tecnologie tradizionali. Non necessariamente migliori, dipende dai gusti, ma diversi. Questa diversità, frutto di innovazione di processo e di prodotto, è stata colta, e apprezzata, e nel tempo ci ha permesso di aggiornare la nostra gamma prodotti.
Ad esempio, nel 2012 abbiamo iniziato a testare un gin distillato, primi in Italia, e nel 2015 abbiamo presentato al mercato Marconi 46, un gin distillato artigianalmente e ottenuto da un’infusione unica nel suo genere ispirata all’altopiano di Asiago: siamo attenti ai trend, non ci facciamo trascinare, ma li interpretiamo mantenendo la nostra identità aziendale.
L’esplorare nuovi prodotti ci ha introdotti nel settore del whisky, portandoci a diventare la prima distilleria storica italiana a esplorare un distillato tradizionalmente anglosassone. Segretario di Stato è un prodotto realizzato in onore di un nostro concittadino, il cardinale Pietro Parolin, nominato da Papa Francesco Segretario di Stato della Santa Sede.
In suo onore abbiamo realizzato un distillato internazionale con un’anima veneta: un whisky di puro malto invecchiato in botti di Amarone. Un progetto che si sta ampliando e da cui ci aspettiamo ulteriori sviluppi nel breve periodo».
Benessere dei collaboratori, resilienza e cultura della grappa sono i valori che vi distinguono, quali gli obiettivi futuri in ogni settore appena citato?
«Nel ‘93 abbiamo aperto il primo museo della grappa a Bassano, il secondo nel 2011 a Schiavon a fianco della Distilleria. Per la prima volta un’azienda del nostro settore cerca di valorizzare gli aspetti culturali e storici della grappa preservando la memoria di aziende che sono esistite e che hanno fatto la loro parte nella storia della grappa.
Da questo punto di vista anche la memoria delle persone che hanno lavorato all’interno dell’azienda per noi è importante e va tutelata. Noi cerchiamo di avere un clima di rispetto reciproco, di sicurezza nel lavoro; un’azienda dove è possibile lavorare nella bellezza, nella sicurezza e nella cordialità e anche nella collaborazione.
Questo ovviamente dipende da come ognuno interpreta il proprio ruolo all’interno dell’azienda. Cerchiamo di creare un benessere vero, non di facciata, dove ci siano le condizioni per lavorare con piacere, un impegno riconosciuto che permette di vivere una vita dignitosa di cui essere orgogliosi. Creare benessere sociale, secondo me, dovrebbe essere la missione di tutte le aziende».
Il 40 per cento della vostra produzione è destinato al mercato estero, come reagiscono gli altri Paesi alle novità dettate dall’innovazione nonostante la vostra capacità di mantenere inalterata l’artigianalità del prodotto?
«Noi vediamo e viviamo la nostra realtà e le nostre scelte dall’interno, quanto venga percepito al di fuori è la grande domanda. Siamo una fucina di idee, le nostre novità vengono emanate nel mercato e come un sasso nello stagno propagano le loro onde, più sei distante dall’epicentro più le onde si affievoliscono.
Noi lavoriamo con 110 importatori, quanto questi percepiscano della nostra artigianalità, della nostra capacità di innovazione, è difficile sostenerlo, anche se le nostre etichette, la coerenza che nel tempo ci ha distino, il nostro modo di comunicare in rete, ci ha permesso di lavorare in tutto il mondo.
Quanto sia dettato dalla nostra capacità di fare innovazione è difficile affermarlo con onestà. L’innovazione è un’onda calata nello stagno del mercato, modifica la superficie e il sottofondo, senza stravolgere».
Poli Distillerie è riuscita a mantenere la tradizione pur affrontando cambiamenti generazionali importanti: come avete affrontato questi passaggi generazionali spesso temuti dalle grandi aziende?
«Ogni generazione ha cambiato le carte come è giusto e doveroso che sia, l’importante è rispettare ciò che è stato fatto prima altrimenti si rischia di destabilizzare le relazioni per accelerare il cambiamento.
Anche in Poli Distillerie il tema si porrà a breve, abbiamo quattro ragazzi che stanno crescendo, ora stanno studiando, ma nel prossimo futuro entreranno sicuramente in azienda, con lungimiranza e rispetto. Come noi, dovranno rinunciare e cambiare, e dimostrarsi capaci di innestare nuove energie mantenendo l’identità dell’azienda.
La grande sfida è essere innovatori senza tradire la propria identità. Io non mi sono mai sentito un innovatore, ma continuo a pensare a cosa si potrebbe migliorare, ogni giorno cerchiamo di fare piccoli miglioramenti e cambiamenti dove necessario.
Tutto questo ha portato a un totale cambiamento al punto tale che oggi non c’è un singolo mattone, un angolo dell’azienda che non sia stato cambiato, verificato ma, nonostante questo, tutto è rimasto uguale.
Restiamo originali nonostante l’innovazione, senza l’intento di rivoluzionare: ci sono voluti 40 anni, ma oggi Poli Distillerie è un’azienda al passo dei tempi che mantiene la sua identità».
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