• 20/03/2025

Fòrema: il capitale umano nell’era digitale

 Fòrema: il capitale umano nell’era digitale

Lavoro e capitale umano sono interconnessi. Fòrema promuove competenze per affrontare il cambiamento e integrare l’IA, valorizzando il ruolo umano. Ne abbiamo parlato con Matteo Sinigaglia, direttore generale della società di formazione e consulenza di Confindustria Veneto Est

Lavoro e capitale umano sono una coppia di fatto da decenni, un rapporto complesso che vede ecosistemi intrecciati e valorizzati, a volte, distanti e in difficoltà, altre. Lo sa bene Matteo Sinigaglia, direttore generale di Fòrema, società di formazione del sistema confindustriale italiano e punto di riferimento per la crescita delle persone e della competitività delle imprese, coautore, assieme a Roberto Baldo, del volume Il valore del capitale umano. Quarant’anni di Fòrema nella formazione e nel lavoro (edizioni Fòrema).

Il lavoro ha bisogno di capitale umano, che a sua volta necessita di formazione e, quindi, di cambiamento. Eppure, non sempre le aziende sono pronte ad affrontare un cambiamento, pensiamo alle differenze di genere o ai passaggi generazionali: perché a suo avviso spesso le aziende mostrano diffidenza versoil cambiamento e come fare per coinvolgere i lavoratori?

«Questa è una richiesta che si scontra con l’attuale trend. Fino a pochi anni fa, le offerte di lavoro cercavano figure difficili da trovare, come specialisti autocad e tecnici. Oggi, sebbene queste professioni si stiano evolvendo, come nel caso delle professioni digitali, c’è un altro tema che sta attirando l’attenzione di molte aziende italiane e internazionali. Spesso sono le aziende stesse a chiederci di cosa hanno bisogno, non sanno quali figure professionali inserire, come vogliono evolvere, cambiare, scoprire nuovi mercati, nuove logiche.

Non sanno se hanno le risorse interne, se hanno bisogno di nuovi professionisti, di giovani talenti. Dalla nostra esperienza in Fòrema, il primo elemento da mettere in piedi è il mindset culturale sul tema del cambiamento: avviare, generare il cambiamento e creare condizioni che permettano di guidare l’azienda verso lo sviluppo di grandi progetti, suddivisi in piccole fasi. Per fare questo è necessario creare competenze.

A mio avviso, le competenze tecniche sono un bagaglio inestimabile, da affiancare ad altre, una logica stimolante. Questo è il primo elemento che noi introduciamo quando un’azienda vuole incominciare a cambiare. Quando un’azienda vuole avviare una nuova linea di prodotti, informatizzare impianti, efficientare il comparto energetico.

Oggi, affiancare semplicemente il manager e l’imprenditore non basta più. Il manager, infatti, spesso non dispone delle competenze necessarie per affrontare il rapido sviluppo tecnologico. Per questo motivo, è fondamentale coinvolgere risorse qualificate per portare avanti progetti specifici. I fattori di distribuzione stanno cambiando, richiedendo un riadeguamento e un nuovo mindset, basato su concetti che sono ormai imprescindibili».

C’è molta diffidenza da parte di alcune generazioni verso il digitale; eppure, le persone hanno un ruolo determinante anche in questo nuovo contesto: qual è oggi il ruolo delle persone nell’era digitale?

VENETO ECONOMY - Fòrema: il capitale umano nell'era digitale
Matteo Sinigaglia, direttore generale della società di formazione e consulenza di Confindustria Veneto Est

«Una decina di anni fa, quando si è iniziato a parlare di industria 4.0 e di grandi automazioni, si è diffusa preoccupazione e malcontento. Il cambiamento e gli investimenti erano economicamente vantaggiosi, ma c’era timore per la possibile sostituzione del lavoro umano. Tuttavia, ciò non è avvenuto. Al contrario, si è assistito a una vasta riqualificazione del personale. Le condizioni di lavoro sono migliorate: chi prima utilizzava macchinari come il tornio, con i relativi rischi, è stato affiancato da robot automatici, ma ha anche imparato a programmare queste macchine.

Dove non era possibile riqualificare il personale, si è provveduto a ricollocarlo in ruoli aziendali diversi, come la presa di decisioni. Dal 2018, inoltre, si è aggiunto il tema della predittività. Oggi abbiamo aziende che producono con una tolleranza di errore pari a zero, questo avviene attraverso strumenti predittivi e agli operai è stato insegnato ad avere un pensiero critico per valutare scelte e prendere decisioni. La riqualificazione della figura dell’operaio è una innovazione importante. L’industria 5.0 introduce, invece, un nuovo insieme di tecnologie. Fino a poco tempo fa, era l’operaio a dare istruzioni alla macchina su cosa fare.

Oggi, invece, sembra essere l’intelligenza artificiale a suggerire le operazioni più vantaggiose per l’azienda, il che può spaventare chi non ha le competenze necessarie e preoccupare gli imprenditori che riflettono sull’etica dell’IA. In realtà, il processo è diverso. Prendiamo ad esempio ChatGPT: siamo noi a dover fornire un input e a definire cosa ci aspettiamo dall’intelligenza artificiale. Se non sappiamo cosa chiedere e diamo istruzioni vaghe, non otterremo i risultati desiderati. È qui che entrano in gioco ingegno e competenze, che ci permettono di formulare richieste precise.

Quando aiutiamo le aziende e i manager a comprendere queste dinamiche, si avvicinano alle nuove tecnologie con interesse e curiosità. Certo, esistono anche gli entusiasti dell’IA, ma questo può essere un rischio tanto quanto l’atteggiamento negativo o diffidente. Entrambi gli approcci possono portare a una visione distorta, dove l’IA viene vista come un’entità esterna che governa tutto.

È fondamentale, invece, saper individuare le soluzioni e applicarle con pensiero critico, una capacità tutta umana. L’IA è un supporto, non una soluzione universale. In Fòrema, offriamo laboratori tecnico-pratici dove introduciamo l’intelligenza artificiale, poi chiediamo ai manager di portare un caso concreto, come un processo critico, ad esempio legato al bilancio di sostenibilità o ai consumi.

Utilizzando l’IA, eseguiamo un prompt, una richiesta ben profilata e corretta. Questo è il percorso che le imprese devono intraprendere: per usare l’IA al meglio, è essenziale descrivere l’operazione specifica, basandosi sulla conoscenza e l’esperienza. In questo,il capitale umano delle aziende fa davvero la differenza.

In alcune aziende, stiamo raccogliendo l’esperienza dei lavoratori in prepensionamento per trasmetterla all’IA: dalle casistiche di successo a come gestire la verniciatura in condizioni di umidità o temperature estreme. Si tratta di dinamiche non scritte, ma preziose, che fanno parte del patrimonio aziendale. Dobbiamo trarre il meglio dalle tecnologie, senza pensare che possano risolvere tutti i nostri problemi. Sono un aiuto, ma il valore umano resta centrale».

La ricerca del nuovo personale è un’operazione difficile che richiede diverse competenze, eppure l’impressione è che le stesse aziende siano in difficoltà nel capire il profilo che stanno cercando: un consiglio su come affrontare la ricerca? Cosa dovrebbe fare l’azienda per facilitare il suo compito?

«Comprendere il fine della propria attività mi permette di comprendere le competenze che ho già all’interno dell’azienda. Questo permette di mirare in modo preciso per cercare personale, ma anche progetti, soluzioni informatiche, magari già esistenti nel mercato. Ripercorrere in modo approfondito le proprie competenze aziendali è un dato fondamentale, può sembrare banale ma assicuro che, se indagassimo per capire quante aziende applicano le competenze interne, i risultati sarebbero scoraggianti.

Le aziende fanno programmi di formazione perché ci credono o perché richieste. Mappare le competenze è un’altra attività, da un lato mappiamo ciò che è esplicitato nei documenti formali dall’altro facciamo emergere la conoscenza tacita. Trovare le figure chiave di un’azienda non sempre è facile, spesso le competenze appartengono a figure fondamentali. Bisogna partire da queste figure per mappare le competenze».

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Anna Fogarolo

Copywriter, scrittrice, esperta comunicazione digitale

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