• 08/09/2024

Un Veneto sempre più sostenibile

 Un Veneto sempre più sostenibile

Maurizio Gasparin

Il Veneto è stata la prima regione ad adottare una propria strategia di sviluppo sostenibile. Ce ne parla il segretario generale della Programmazione Regione Veneto Maurizio Gasparin

In base ai dati elaborati dall’ASviS, il Veneto è tra le regioni a più alta attenzione per progetti ecosostenibili. Nell’ambito della programmazione regionale, quali sono le iniziative da perseguire per dare piena attuazione alla Strategia Regionale per lo Sviluppo Sostenibile?

«Nell’adottare una propria strategia per lo sviluppo sostenibile, Regione Veneto ha attivato un forum regionale per lo sviluppo sostenibile, costituito da quasi 300 stakeholder, tra cui comuni, società pubbliche, università ed enti di ricerca, associazioni e imprese. Tutti hanno sottoscritto un protocollo d’intesa per lo sviluppo sostenibile, impegnandosi a rafforzare le proprie azioni e partnership per lo sviluppo sostenibile del territorio.

Nel sito Veneto Sostenibile (link) sono raccolti i progetti in materia di sostenibilità, proposti dagli stakeholder facenti parte del forum, al fine di individuare best practice e modelli replicabili ed esportabili in altri ambiti, oltre che indirizzati a sollecitare il dibattito e il confronto sul tema. Le giovani generazioni sono coinvolte tramite numerose iniziative, rivolte a scuole e università».

In che modo la Regione Veneto coordina le attività dei soggetti che promuovono la sostenibilità?

«La Strategia di specializzazione intelligente regionale (S3 Veneto) è lo strumento che, fin dal 2014, il Veneto adotta per individuare obiettivi, priorità e azioni in grado di massimizzare gli effetti degli investimenti in ricerca e innovazione.

L’aspetto chiave della S3 è quello di richiedere a imprese, organismi di ricerca, PA e società civile una costante collaborazione volta all’individuazione di tematiche prioritarie di sviluppo territoriale (i cosiddetti ambiti di specializzazione) che, una volta declinate in traiettorie tecnologiche e di ricerca, possano fornire risposte concrete alle sfide attuali di una regione chiamata a confrontarsi in un contesto europeo e globale.

Una buona parte della ricerca e delle innovazioni tecnologiche realizzate negli ultimi anni stanno spingendo il sistema produttivo regionale verso un modello economico sempre più sostenibile e orientato alla transizione ecologica, alla sostenibilità, alla circolarità e agli obiettivi di neutralità climatica e innovazione energetica. Nell’ultimo aggiornamento di aprile 2022, la Strategia S3 ha anche introdotto concetti-chiave quali: la transizione verde, intesa come driver a “impatto” trasversale, e la bioeconomia, intesa come missione strategica, che include fra le priorità di investimento le bioenergie, l’idrogeno e le biotecnologie».

Dall’analisi del posizionamento del Veneto rispetto ai 17 Goals dell’Agenda 2030 emergono alcuni elementi di criticità, in particolare nel Goal 15 (Vita sulla terra) e nel Goal 6 (Acqua pulita e servizi igienico sanitari). Quali sono le sue considerazioni in merito?

«È bene notare che ASviS, nel suo ultimo rapporto sulle regioni italiane (“I territori e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile, 2023”), per monitorare il Goal 6 fa riferimento alla regolarità nella distribuzione dell’acqua e al giudizio espresso dalle famiglie sulla qualità dell’acqua del rubinetto, nonché all’efficienza delle reti di distribuzione.

Tale giudizio è in netto miglioramento negli ultimi 3 anni: in Veneto nel 2022 solo il 14 per cento degli intervistati dichiara di non fidarsi di bere acqua del rubinetto (era il 21,4 per cento nel 2020), mentre in Italia è il 29,4 per cento. Solo il 2 per cento delle famiglie denuncia problemi nella regolarità nella distribuzione dell’acqua, a fronte di una media italiana del 9,7 per cento.

L’efficienza delle reti idriche incide negativamente sul Goal 6: essa nel 2020 si ferma al 56,8 per cento, in progressivo peggioramento negli anni (-7,6 punti percentuali rispetto al 2012) e al di sotto della media italiana che si attesta sul 57,8 per cento. Per il monitoraggio del Goal 15, ASviS si riferisce ad indicatori sull’uso e la frammentazione del suolo nonché sulla presenza di aree protette.

Queste ultime rimangono piuttosto stabili nel tempo, con valori lievemente al di sopra della media nazionale di circa un punto percentuale: in Veneto sono il 23 per cento circa rispetto alla superfice terrestre regionale complessiva. La frammentazione del territorio naturale e agricolo è più presente in Veneto che in Italia (nel 2022 si attesta è al 57,7 per cento, mentre in Italia è il 40,8 per cento).

Il Veneto, regione a forte densità di imprese manifatturiere, risente anche di un maggior consumo di suolo (l’indice di impermeabilizzazione nel 2022 raggiunge l’11,88 per cento, mentre in Italia è il 7,14 per cento).

Questi ultimi due indicatori elementari tendono a flettere i risultati del Goal 15. La legge regionale n. 14/2017 ha dettato le disposizioni per il consumo del suolo, prevedendo e seguenti azioni: riduzione progressiva della copertura artificiale del suolo, tutela del paesaggio, delle reti ecologiche, delle superfici agricole e forestali e delle loro produzioni, promozione della biodiversità coltivata, rinaturalizzazione di suolo impropriamente occupato e riqualificazione e rigenerazione degli ambiti di urbanizzazione consolidata. Il Piano territoriale regionale di coordinamento prevede l’azzeramento del consumo di suolo entro il 2030».

La contaminazione da Pfas è una vicenda dolorosa sulla quale tuttavia la Regione Veneto e i suoi interlocutori scientifici possono fornire strumenti operativi. Si parla per esempio di uno studio dell’Università di Padova per ridurre i danni con il carbone vegetale.

«In Veneto si è verificato uno dei più gravi ed estesi episodi di contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche conosciuti al mondo. Sono state coinvolte le acque sotterranee e superficiali del territorio a cavallo tra le province di Vicenza, Verona e Padova, con più di 100mila persone residenti in 30 diversi comuni esposte per decenni ad acqua potabile contaminata da Pfas. Fin dal 2013, la Regione Veneto ha dovuto affrontare questa emergenza in assenza di limiti normativi e di esperienze pregresse a livello nazionale.

Il percorso pionieristico intrapreso dall’ente in stretta collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità ha portato alla messa in sicurezza quasi immediata degli acquedotti, alla creazione di una solida rete di monitoraggio ambientale, all’istituzione di un programma di sorveglianza sanitaria per la popolazione esposta e alla costruzione di un nuovo acquedotto, che si approvvigiona da fonti non contaminate.

Questa esperienza può certamente fungere da modello per altre regioni italiane che si trovano ad affrontare simili problemi: infatti in varie regioni sono stati scoperti hotspot di contaminazione da Pfas. Purtroppo, nonostante le varie ricerche in corso non sono ancora noti trattamenti di provata efficacia e sicurezza per accelerare l’eliminazione dei Pfas dall’organismo umano.

Tuttavia, depurando l’acqua degli acquedotti mediante carboni attivi, i livelli di Pfas nel sangue della popolazione esposta si sono notevolmente ridotti, per effetto dell’eliminazione spontanea di queste sostanze da parte dell’organismo. Le aziende Ulss interessate contribuiranno alla realizzazione dello studio, per raccogliere evidenze e procedere poi con ulteriori approfondimenti e azioni».

Leggi altri articoli a cura di Giulia Baglini

Giulia Baglini

Giornalista specializzata sui temi dell’innovazione e della sostenibilità

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