VENE-TO-GOAT per la a biodiversità

Progetto VENE-TO-GOAT: l’allevamento caprino da latte per il mantenimento della biodiversità
Il dr. Alberto Zannol (Regione Veneto): “Sarà importante che la Regione partecipi ai lavori che sta realizzando la rete di attori e partner che partecipano a questo Progetto, in quanto gli allevamenti caprini sono un’eccellenza ed un presidio territoriale da tutelare”
“Con VENE-TO-GOAT l’Associazione regionale allevatori del Veneto ha acceso i riflettori su un settore poco conosciuto e considerato, anche dalla Regione Veneto, e che oggi esiste ancora soltanto grazie alla passione degli allevatori. Non solo.
Gli allevamenti di capre, gestiti in prevalenza da persone giovani, rappresentano un presidio irrinunciabile per i territori, tanto più che sorgono quasi sempre in zone complesse, dove le imprese non hanno grandi opportunità di svolgere attività remunerative”. Con queste parole il Direttore della Direzione Agroalimentare Regione Veneto, dr, Alberto Zannol, è intervenuto questa mattina al convegno promosso da ARAV sul tema “Il mondo caprino: una comunità in evoluzione.
Evento conclusivo, con presentazione dei risultati, del Progetto di Innovation Brokering VENE-TO-GOAT”, al Centro Congressi Longarone Fiere Dolomiti (Sala Barel), nell’ambito dell’edizione 2025 di AGRIMONT.
Dopo i saluti istituzionali di Giovanni De Lorenzi, amministratore delegato di Longarone Fiere Dolomiti e di Milo Veronese, presidente dell’Assemblea Provinciale Allevatori di Belluno, l’incontro, moderato dal direttore di ARAV, Walter Luchetta, è entrato nel vivo con la relazione della dr.ssa Silvia Magro del Dipartimento di Agronomia, Animali, Alimenti, Risorse naturali e Ambiente dell’Università di Padova.
“La realizzazione del Progetto VENE-TO-GOAT – ha spiegato Magro – è stata possibile grazie ad un team di soggetti che si sono affiancati ad ARAV, il Dipartimento di Agronomia, Animali, Alimenti, Risorse naturali e Ambiente dell’Università di Padova, il Caseificio Lattebusche e le aziende agricole Aidi di Flavio Sartore, Grattanuvole, Facchin Luca e Gris Mattia.
Gli obiettivi prefissati nell’anno di durata della progettualità, che si avvia a conclusione, sono stati: l’aggiornamento dell’anagrafica degli allevamenti di capre da latte in Veneto; la predisposizione di una indagine sugli aspetti zootecnici, gestionali, manageriali ed economici relativi agli allevamenti di capre; l’individuazione dei punti di forza e di debolezza degli allevamenti esaminati. Tutto ciò per favorire una rete di connessione, informazione e di trasferimento tecnologico tra allevatori, latterie, mondo della ricerca e tecnici”.
Gli 87 allevamenti di capre da latte presi in rassegna in Veneto hanno consentito di ricavare dati importanti. In particolare, è emerso che gli allevatori hanno prevalentemente meno di 40 anni (51%) e sono per lo più uomini (78%), con una componente femminile che merita molta considerazione. La consistenza media delle aziende va dai 50 ai 100 capi (41%).
Dati che hanno consentito al prof. Massimo De Marchi del Dipartimento di Agronomia, Animali, Alimenti, Risorse naturali e Ambiente dell’Università di Padova, di individuare i “Punti di forza e punti di debolezza dell’allevamento caprino in Veneto, mettendo in evidenza l’importanza di una strategia inclusiva e sostenibile per il consolidamento di un settore emergente”.
“Tra i punti di forza desumibili dalla lettura analitica dei dati – ha aggiunto De Marchi – il buon numero di allevamenti con oltre 100 capi, il fatto che il 32% degli allevatori ha un’età compresa tra 26 e 35 anni, il 54% delle aziende possiedono un caseificio aziendale e due elementi che non sono affatto trascurabili: l’immagine positiva dell’allevamento e dei prodotti caprini e la collocazione di molti allevamenti in territori strategici.
A questi elementi positivi, fanno da contraltare altrettante criticità. In particolare, la difficoltà nel proporre in vendita il capretto da carne, anche a causa della minaccia dei Paesi concorrenti, il ridotto livello di management aziendale, l’assenza di un piano di miglioramento genetico e la mancanza di figure specializzate, nutrizionisti e veterinari.
Punti di forza e criticità, però, non vanno esaminati senza pensare alle opportunità che il settore può assicurare. Occorre pensare, infatti, alla presenza di professionalità e conoscenze, ai percorsi di formazione e di informazione che si possono sviluppare, al miglioramento del servizio di supporto tecnico, anche grazie all’intervento di ARAV sui fronti di genetica, riproduzione, salute e benessere, alimentazione, qualità del latte e trasformazione. Infine, bisogna pensare alla creazione di una filiera per la valorizzazione della carne”.
L’Università di Padova ha confrontato, poi, i dati raccolti dalle interviste alle aziende coinvolte, con quelli ricavati dai controlli funzionali, per un totale di oltre 16 mila campioni esaminati, che hanno permesso al prof. De Marchi di osservare come la produzione di latte possa aumentare nelle capre alimentate con unifeed, rispetto a quelle a cui vengono somministrati distintamente foraggi e concentrati.
“Analogamente, svolgono un ruolo importante nella riduzione delle cellule somatiche – ha spiegato De Marchi – il pre e il post dipping, nonché l’impianto di mungitura a lattodotto, piuttosto che il tradizionale secchio. Altri accorgimenti orientati al benessere animale giocano un ruolo fondamentale. In particolare, gli spazi a disposizione per ogni capo, i raffrescatori, i rulli massaggianti e non solo”.
Anche sulla scia delle rassicurazioni delle Regione Veneto, De Marchi ha evidenziato che il progetto non può fermarsi qui. “Dobbiamo lavorare allo sviluppo di più distinti ambiti, per far crescere gli allevamenti di capre in Veneto. Dalla genetica e riproduzione, al razionamento e tecniche di allevamento, per proseguire con l’assistenza tecnica e veterinaria, la qualità dei prodotti e, assolutamente da non dimenticare, la formazione degli allevatori ”.
Concetti sui quali ha posto l’accento anche la dr.ssa Alice Pertile dell’Allevamento Grattanuvole, che ha portato il punto di vista di una allevatrice partner. “Vent’anni fa sono entrata per la prima volta in contatto con gli allevamenti di capre – ha spiegato Pertile – ed ero fresca di studi veterinari. Oggi la situazione non è poi così cambiata. Gli allevamenti caprini sono sempre una Cenerentola in Veneto, ma non per questo vanno messi in disparte.
Come evidenziato, infatti, occorre lavorare su questo settore, consentirgli di crescere attraverso un’adeguata formazione degli allevatori e delle figure chiave dei consulenti, veterinari e nutrizionisti in particolare. Fatichiamo molto ad essere competitivi, specie sul prezzo della carne, in quanto dobbiamo fare i conti con Francia e Olanda, che propongono prodotti indubbiamente diversi, allevati con modalità che poco hanno a che vedere con le nostre.
Per questo occorre lavorare molto anche sull’informazione ai cittadini, perché sappiano cosa acquistano e siano nelle condizioni di distinguere e scegliere non solo in base al prezzo. La formazione degli allevatori è determinante, così come l’attività di consulenza tecnica. Oggi molti allevamenti producono decisamente meno di quanto potrebbero, non adottando quegli accorgimenti fondamentali per ridurre le cellule somatiche e aumentare così la produzione e qualità del latte. Abbiamo molta strada da fare, ma l’entusiasmo non ci manca, così come la convinzione che il prodotto sia attrattivo per i consumatori”.
A concludere la mattinata il presidente di ARAV, Floriano De Franceschi, che ha posto l’accento sull’importanza degli allevamenti di capre quali presidi per i territori e attori importante delle produzioni di nicchia, che consentono alle imprese di avere una redditività fondamentale per continuare ad investire e crescere.