Marketing territoriale in accelerazione

Il marketing territoriale rappresenta oggi uno degli strumenti più potenti per promuovere sviluppo economico e coesione sociale. Non si limita a “vendere” un luogo (attirando competenze, capitali, innovazione), ma lo “costruisce” attivamente, valorizzandone identità, risorse e reti
In questo contesto l’economia del turismo diventa uno dei mezzi più efficaci per generare valore: un turismo mirato, integrato e sostenibile può fungere da catalizzatore per cultura, ambiente, artigianato, servizi e innovazione. Inutile dare gerarchie o sequenza: si utilizza spesso la “stringa” turismo-cultura-ambiente considerando un continuum inscindibile: un intimo intreccio di risorse e processi che connette il patrimonio materiale e immateriale verso prodotti capaci di attrarre e coinvolgere visitatori consapevoli.
Si parte dal territorio: dalla lettura delle risorse si costruisce il prodotto, che solo in un secondo momento viene portato sul mercato. È inefficace fare promozione se non si è prima costruita un’offerta – con in mente già il destinatario locale, di prossimità, o di mercati lontani – distintiva e coerente. Eppure, è ciò che ancora si incontra spesso sul campo.
Gli acceleratori del valore
Quali linee di lavoro concrete possono ispirarci per puntare ad efficacia ed efficienza nella creazione del valore, soprattutto con l’intenzione che sia condiviso e a beneficio del territorio e non solo dell’impresa singola? Ecco alcuni acceleratori del valore. Sviluppare una logica sistemica anzitutto, ovvero pensare per destinazioni.
Superare la frammentazione (noto limite italico) e agire in modo coordinato: una destinazione non è un insieme casuale di parti, ma un sistema integrato dove comunità, pubblico e privato, operatori – e ci aggiungo anche il Terzo Settore – collaborano per costruire un’identità condivisa, assicurare una qualità coerente dell’esperienza proposta, gestire la reputazione. Una governance solida, flessibile e partecipativa è la chiave per una destinazione competitiva, soprattutto per tutti luoghi e le imprese di capacità attrattiva limitata e/o ad alta complessità.
Creare specificità e qualità dell’offerta, in quanto nel contesto attuale, l’abbondanza di offerta rende essenziale distinguersi. L’unicità territoriale – basata su tradizioni, paesaggi, monumenti, eventi, saper fare, comunità – va tradotta in prodotti unici, costruiti con attenzione al dettaglio e al senso del luogo. La specificità è attrattività in sé. Raramente si tratta di “inventare” qualcosa, più spesso di far emergere ciò che già c’è, in modo autentico, riconoscibile e magari originale.
Con in mente un tipo di cliente, che conosciamo, apprezziamo e che scegliamo di servire. Sappiamo tutti che il viaggiatore di oggi non cerca solo luoghi, ma esperienze significative. È ciò che dona profondità al viaggio, talora lo trasforma in memoria e poi in racconto (il grande risultato da cercare!). Ma dall’experience economy ricaviamo molti elementi su cui lavorare: modelli relazionali e di interazione emotiva, modalità di ingaggio che vadano oltre l’aspetto meramente sensoriale e così via. La sostenibilità è il quarto acceleratore. Va interpretata come elemento strategico e non fine accessorio. In modo integrato: ambientale, sociale e culturale, economica.
Al di là di una dimensione valoriale – costruire un’offerta sostenibile significa garantire qualità della vita per i residenti, tutela delle risorse naturali, equità nei benefici – sono oramai condivisi i benefici in termini di competitività. Efficacia, efficienza, spinta all’innovazione. E posizionamento! Il trend di mercato pare chiaro: la propensione all’acquisto di proposte sostenibili per la generazione Z è tripla rispetto a quella dei baby boomer (Booking Report 2024). Una scelta di sostenibilità ha poi un effetto sistemico: spinge alla collaborazione. Economie circolari e sviluppi durevoli non si creano, per costruzione, da soli.
L’economia del turismo: equilibrio dinamico tra le criticità
Questi elementi sopra introdotti, che potrebbero apparire didascalici, sono invece formidabili in una lettura al contrario. Cosa percepiamo noi di Starting4 nel nostro lavoro sul territorio in tutta Italia? Spesso proposte banali, non connesse all’identità, a
basso valore, pensate per tutti, senza un vero experience design, sovente non sostenibili. Ciò vuol dire – alla fin fine – competere essenzialmente sui prezzi (magari su piattaforme predatorie o quasi), con margini risicati, basse possibilità di investimento, limitata crescita delle competenze. Con evidenti rischi di spirali negative. L’economia del turismo affronta inoltre una serie di critiche, molto fondate. Attiva processi ad alta stagionalità, con diseconomie e connessi rischi di pressioni antropiche eccessive (fino ai noti picchi di overtourism) in alcune combinazioni spazio/temporali. Gli impatti negativi su ambiente, residenti e qualità delle esperienze sono evidenti e periodicamente agli onori della cronaca. Un altro aspetto di duplice lettura è che
il turismo è (ancora) intrinsecamente labour-intensive. Pesa per circa il 13% dell’occupazione italiana, ma – si osserva spesso – attiva lavori a basso valore aggiunto, sottopagati e stagionali. Contribuisce comunque a un importante 11 % del PIL nazionale (dati ENIT riferiti al 2024), anche grazie ai flussi stranieri (che nella bilancia dei pagamenti corrispondono ad importazioni). La standardizzazione dell’offerta è infine un altro aspetto critico (già accennato). Si tende a replicare modelli senza adattarli alle specificità locali, ai trend in atto, ai rischi macro (dal climate change alla diminuzione della capacità di spesa nei mercati di riferimento).
Tutto questo ci porta sempre più ad inserire il turismo in un ragionamento strategico con un approccio sistemico. La necessità di scelte prospettiche e interrelate (che si tratti di politiche marca, di valorizzazione delle filiere agroalimentari, di scelte di marketing o di modelli cogenti per la gestione dei flussi e così via), operate spesso da diversi attori di governance, conferma la necessità assoluta di una visione integrata. È un tema condiviso, ma che non induce ancora ad azioni coerenti.
Il caso Veneto: alcune dinamiche e innovazioni
Il Veneto è una delle regioni più importanti d’Europa. È interessante dedicargli un breve approfondimento non solo per il suo valore assoluto nel settore travel, ma anche per alcuni elementi che ne stanno caratterizzando la traiettoria evolutiva.
Secondo i dati della Regione Veneto (anno 2024), con oltre 21,7 milioni di arrivi e 73,4 milioni di presenze (pernottamenti totali), la regione da sola rappresenta circa 15% del turismo italiano (mentre solo il 30% è generato da italiani!), confermandosi la prima regione d’Italia.
È un territorio ampio, composito, con varie identità e certamente multiprodotto. Un incredibile (e complesso) mosaico di destinazioni. Nella classifica dei comuni più turistici d’Italia (per numero di presenze, Istat 2025) troviamo nei primi 10 posti ben sei località venete: Venezia, Cavallino-Treporti, Jesolo, San Michele al Tagliamento, Caorle e Lazise, con una certa concentrazione dei flussi su pochi poli (segnatamente balneare marino e lacuale, anche se va considerato che sempre più le località di visita sono piattaforme per l’intero territorio e per altre località). Questa concentrazione genera squilibri e pone problemi crescenti di gestione (sempre il tema della sostenibilità, anche in termini di qualità dell’offerta e quindi di esperienza).
Da questa introduzione minimale passiamo ad alcuni interventi in corso. Anzitutto è attivo da alcuni anni l’Osservatorio del Turismo Regionale Federato (OTRF), uno spazio di condivisione delle informazioni e dei dati, frutto di un lavoro con vari stakeholder e filiere. Alla base un’idea di cultura del dato come patrimonio comune, fondamentale per comprendere e competere con scelte consapevoli. Una esperienza tra le più avanzate di Business Unit Intelligence con una dashboard funzionale ai bisogni di imprese e PA. Questo è ancora più importante in un mondo dove arrivi e presenze sono indicatori quasi “primitivi” mentre comportamenti, opinioni, spesa, tecnologie usate eccetera sono informazioni necessarie, anche in ottica di sostenibilità integrata.
Un altro elemento strutturale avviato è il Destination Management System (DMS) regionale, una piattaforma capace di gestione integrata di informazioni, risorse e servizi della destinazione, strumento per sviluppare politiche di accoglienza, promozione e anche – cosa impensabile un tempo – commercializzazione, facilitando processi e attività degli operatori. Un flusso dal territorio ai mercati e utenti e viceversa, che ad oggi coinvolge molte centinaia di operatori, uffici informazioni e altri attori diffusi.
Un terzo elemento da rimarcare è il processo di ri-organizzazione territoriale in corso. Negli ultimi si è sviluppato fortemente il modello delle DMO – Destination Management Organization (OGD nella normativa regionale). Si tratta di soggetti che agiscono come regia tra operatori pubblici e privati per la gestione e promozione delle destinazioni. La forma Fondazione (di partecipazione) è oggi quella che, rispetto alle complessità descritte, pare più funzionale. Verona Garda Foundation, DMO Dolomiti Bellunesi, Fondazione Asiago Turismo, Fondazione Chioggia Turismo sono già operative. Altre si stanno costituendo.
Questi interventi portano ad avere maggiore attenzione al prodotto, alla costruzione di una offerta integrata, fluida, coerente. Riprendendo quanto accennato sulla preminenza del segmento balneare, una alta capacità di gestione del “percorso da risorse a prodotto” potrà senz’altro sviluppare anche nuove “dorsali tematiche” capaci di dare senso e strutturazione ad aree interne, collinari, rotte secondarie che connettano anche realtà consolidate.
Itinerari della Grande Guerra, la rete delle dimore storiche, il tessuto di ciclovie e cammini, il diffondersi di esperienze enologiche, agroalimentari o dell’artigianato, quando collegate, vanno in questa direzione. Un insieme di interventi quindi molto interessanti. Guarda caso Regione Veneto ha sviluppato negli anni un importante percorso partecipato, aperto ai vari portatori di interesse, verso un Piano Strategico del Turismo che funge da guida coerente per i vari attori e le varie azioni.
Questa forse la scelta più importante: è strutturale e strutturante in sé, per sviluppare – via via – una smart destination.
Formazione e relazioni: i veri asset del futuro
Fondamentale in questo processo è senza dubbio la formazione: per nuove generazioni di professionisti con competenze trasversali, relazionali e tecnologiche. Nel caso Veneto una menzione per almeno due eccellenze. Il Ciset (Centro Internazionale di Studi sull’Economia Turistica) con la sua funzione di ricerca e di formazione che da oltre 30 anni contribuisce alla comprensione e alla riconoscibilità del turismo come industria.
L’ITS Academy Turismo Veneto, che ha sviluppato negli anni ben sette specializzazioni (tra cui Hospitality Marketing & Communication; Tourism Innovation Digital 4.0; Spa & Wellness; Food& Wine Tourism; Art & Culture A.I. Digital Innovation) con master in 8 sedi. Un sistema che unisce soft skill e nuove tecnologie, con oltre 1.000 studenti diplomati e un placement (a un anno dal termine) pari al 96% (dati INDIRE – Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa).
Turismo come fabbrica delle relazioni
In un contesto complesso, volubile e incerto, sviluppare relazioni è il vero “collante”. Costruire prodotti integrati richiede alleanze, reti, fiducia. Così come avere una voce (un marketing) coerente. Le economie di scala poi
non si fanno solo con i propri volumi. Unire capacità di cooperare, di congregare e di competere è decisivo, anche per espandere il concetto stesso di “industria turistica”. Non solo settore economico, ma motore di trasformazione personale e collettiva.
Contenuto a cura di Marco L. Girolami, esperto di sviluppo turistico e territoriale con oltre 25 anni di esperienza nel marketing strategico, travel design e capacity building con PMI, PPAA, reti e rappresentanze. Socio del Consorzio Starting4 che ha oltre 200 progetti all’attivo per creare economia tra sostenibilità e impact marketing. Condivide le sue esperienze presso Master, Università e Istituti Tecnologici Superiori nei corsi di Destination management & marketing, Inclusive & Sustainable Tourism
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