• 26/01/2025

Venezia, sostenibilità e commercialisti

 Venezia, sostenibilità e commercialisti

Antonella Baretton

La sfida della sostenibilità a Venezia coinvolge i commercialisti? Intervista ad Antonella Baretton, commercialista

La sostenibilità comprende tutte quelle azioni e comportamenti che un’impresa o uno studio professionale compie per ridurre gli impatti negativi e fare in modo che le risorse utilizzate non compromettano quelle a disposizione per le future generazioni. In sostanza implica la richiesta alle organizzazioni di sviluppare modelli di business rivedendo i processi di produzione e anche quelli di erogazione dei servizi

In altri termini, l’impresa sostenibile concilia la crescita economica con il rispetto dell’ambiente e delle persone. Per questo oggi all’ impresa viene chiesto di ripensare a tutti quei comportamenti che possono determinare un impatto sugli azionisti, sui consumatori e in generale su tutti i portatori di interesse. In questo scenario, certamente complesso anche per la confusione generata da un groviglio di sigle e acronimi, ognuno deve fare la sua parte. Csr, ESG, CFI, SB, B corp.

Ma una piccola impresa che strada può scegliere? Le domande che si fa sono: “Da dove cominciare? E i costi? Vale la pena? Che benefici ho?”. E qui può entrare in scena la figura del commercialista d’impresa. Il suo potrebbe essere davvero un ruolo chiave che da una parte può contribuire a migliorare la cultura aziendale, e che può indirizzare a strategie verso la transizione ecologica. Ma guidare le aziende in nuovi processi di creazione del valore (come per esempio la certificazione energetica dei processi, gli acquisti green, la misurazione delle emissioni di carbonio ecc.) non è una competenza specifica di questa professione.

ll Parlamento Europeo, lo scorso 10 novembre 2022, ha approvato in prima lettura il testo della direttiva sul Corporate Sustainable Reporting, che contiene le norme sulla pubblicazione, da parte delle imprese, dei dati relativi al loro impatto sull’ambiente, sulle persone, sul pianeta e sui rischi di sostenibilità a cui sono esposte. L’impatto per le aziende europee è significativo: entro il 2025 le società obbligate a rispettare i parametri sulla sostenibilità passerà dalle undicimila obbligate dalle norme attuali a circa cinquantamila. Dal 2026 inoltre si aggiungeranno anche le PMI.

In particolare, l’ambito di applicazione sarà esteso a tutte le grandi imprese, quotate o meno, ed anche alle PMI quotate in borsa, ma che avranno a disposizione più tempo per adattarsi alla normativa. In questo scenario in dinamica evoluzione, cosa può fare il commercialista? Certamente il primo passo è quello di consolidare la sua cultura della sostenibilità per poi poterla trasmettere e accendere la curiosità ai propri clienti. Interessante l’indagine condotta da Nomisma e che ha coinvolto un campione di 1.162 professionisti iscritti all’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e operanti su tutto il territorio nazionale. L’obiettivo dello studio dell’indagine era quello di fare il punto rispetto al processo di transizione verso la sostenibilità delle imprese clienti, monitorandone gli strumenti, le scelte e gli investimenti in ambito ambientale, sociale e di governance.

I dati mostrano come tra i servizi che gli studi dei commercialisti offrono alle proprie imprese clienti, la consulenza strategica e la consulenza finanziaria – nell’alveo dei quali rientrano le tematiche della sostenibilità – sono servizi non ancora pienamente diffusi, essendo offerti alle imprese clienti rispettivamente dal 33% e dal 24% degli studi.  Lo studio evidenzia anche che sono i commercialisti più giovani (sotto i 40 anni) a offrire questo tipo di servizi alle proprie imprese clienti.

Viene anche messo in risalto che gli studi che offrono consulenza strategica, solo il 28% indirizza la propria consulenza anche su tematiche legate alla sostenibilità ambientale, sociale e di governance (9% sul totale degli studi di commercialisti).

È interessante notare che ad essere particolarmente sensibili alle tematiche inerenti alla sostenibilità sono soprattutto i giovani commercialisti sotto i 40 anni, che esercitano la professione in studi strutturati (con almeno 6 addetti), le cui imprese clienti appartengono prevalentemente al comparto industriale e già attive sul tema della sostenibilità. Per le imprese, l’ambito prioritario di intervento sui temi di sostenibilità è quello sociale: il 49% ritiene infatti strategico intraprendere azioni volte ad accrescere il benessere dei dipendenti e a migliorare la sicurezza in ambiente lavorativo. Rivestono un’importanza secondaria sostenibilità di governance (etica, privacy, parità di genere…) e ambientale, sulla rilevanza delle quale converge, rispettivamente, il 39% e il 34% degli intervistati.

Ora anche noi facciamo la nostra piccola indagine sul campo per meglio comprendere lo stato delle cose a Venezia che vuole candidarsi come la capitale della sostenibilità.  In un vero campo veneziano, San Silvestro, a pochi passi dal suo studio, incontriamo Antonella Baretton, commercialista veneziana che esercita la sua professione da oltre trent’anni e che può fornire un quadro d’insieme sulla base della su esperienza e delle sue percezioni.  Evidenzia che a Venezia centro storico non si registra una spinta significativa nell’intraprendere azioni che riguardano percorsi di sostenibilità.

“Indubbiamente anche qui, sono soprattutto le imprese giovani ad avere più convinzione e spinta e in particolare le start up che, essendo collegate al mondo dell’università e della ricerca, hanno già maturato maggiore conoscenza e quindi competenza nell’approcciarsi su questi temi e quindi programmare certi percorsi magari partecipando a progetti di filiera o comunque inserendosi in reti. Queste sono realtà ancora rare da noi, ma che hanno un grande potenziale perché potrebbero fungere da spinta propulsiva stimolando anche altre a seguire questi esempi. Devono però esserci risultati concreti, tangibile e resi noti. Qui a Venezia, alla luce della mia esperienza, chi intende approcciarsi a questi temi e migliorare la propria conoscenza sul da farsi per compiere un certo tipo di percorsi, sceglie come interlocutori le associazioni di categoria come Confindustria e ASsoimprese che solertemente hanno intravisto la possibilità di offrire nuovi servizi e competenze ai propri associati, colmando così il gap di noi commercialisti”.

Forse, ipotizza Baretton, proprio per via del particolare tessuto produttivo legato all’industria turistica, a Venezia si registra scarsa sensibilità su questi temi. “Personalmente faccio parte di una commissione all’interno dell’ordine dei dottori commercialisti di Venezia che si chiama “Enti Non Profit e Società Benefit”. Il Consiglio del mio ordine ha sicuramente recepito le indicazioni che a livello nazionale sono state date circa il miglioramento della conoscenza su temi correlati al facilitare la transizione delle imprese in un’ottica sostenibile. Ad esempio i temi ESG cominciano a circolare, ma con una certa lentezza. Durante la nostra ultima assemblea, che si è tenuta a Mestre in primavera, abbiamo affrontato, per esempio, l’argomento delle società Benefit.

Il nostro intento era quello di far nascere una certa curiosità ai colleghi ma abbiamo capito che l’argomento oggi fa breccia solo fra i giovani. Certo che Venezia che vorrebbe evidenziare le caratteristiche sue insite di essere una città sostenibile, una vera capitale della sostenibilità, potrebbe meglio cogliere questa sfida. Ma la strada, secondo me, è ancora lunga per anche perché bisogna procedere con una logica che stimoli le imprese a comprendere gli effettivi ritorni in termini di vantaggi anche economici.  Il rischio è quindi che il tutto si risolva in un ulteriore aggravio di adempimenti a carico delle imprese con costi superiori ai benefici effettivi”.

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Roberta Lazzarini

Storica, specialista in gestione della conoscenza, divulgazione e comunicazione ambientale

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