• 29/04/2024

WineFigures e l’export di Prosecco

 WineFigures e l’export di Prosecco

Padoan

Il centro studi veneziano WineFigures, coordinato da Simone Padoan, traccia l’andamento delle esportazioni delle bollicine trevigiane

I dati, recentemente diffusi da Istat sulle esportazioni di vino cumulate fino a tutto il 2023, indicano un calo dell’1,66 per cento dei litri di Prosecco esportati rispetto al 2022. Si tratta del primo calo dal 2017, anno dal quale il Prosecco viene identificato con un proprio codice doganale.

Nemmeno i lockdown del periodo più problematico della pandemia Covid-19 ne avevano bloccato la crescita.

Ormai è un dato assodato che nel mondo i consumi di vino in generale si stiano riducendo e, di conseguenza, anche le esportazioni. Si tratta di una tendenza che si è sviluppata nei diversi mercati in tempo diversi e, in alcuni Paesi, ha iniziato a svilupparsi da ben prima dello scoppio della pandemia Covid-19, ma il Prosecco sembrava esserne esente.

Il Prosecco attualmente viene esportato in circa 190 Paesi, con l’80 per cento delle vendite in volume assorbite da 9 Paesi (Regno Unito, Stati Uniti, Francia, Russia, Belgio, Germania, Svizzera, Polonia e Canada), due dei quali, Regno Unito e Stati Uniti, assorbono congiuntamente dal 50 al 60 per cento del totale delle vendite.

Il calo più significativo si è verificato proprio negli Stati Uniti, che registrano un vistoso -12,1 per cento, un guaio considerevole, tenendo in considerazione che gli Stati Uniti sono il secondo mercato di destinazione del Prosecco con uno share in volume del 24,9 per cento nel 2022 (in pratica, 1 bottiglia su 4 esportate).

Il calo percentuale corrisponde, quindi, a 11,3 milioni di litri venduti in meno rispetto all’anno precedente, per mancate vendite valorizzabili in 50-54 milioni. Molto più contenuto, ma comunque non trascurabile, il calo nel Regno Unito, che registra un -2,1 per cento. Fortunatamente, la Francia, terzo mercato, presenterebbe un incremento del 22 per cento in volume, pari a 4,6 milioni di litri.

«Balza all’occhio che nella lista dei principali mercati di destinazione del Prosecco mancano Giappone, Singapore e Australia – commenta Simone Padoan, coordinatore del centro studi veneziano WineFigures –.

Non che il Prosecco non sia presente in questi Paesi, ma il Giappone è il 24° Paese di destinazione (1,6 milioni di litri nel 2022, 0,5 per cento in valore del totale dell’export), Singapore è il 40° Paese di destinazione.

Discorso a parte è l’Australia, che è effettivamente il 12° Paese di destinazione (6,3 milioni di litri, l’1,6 per cento sia in volume che in valore dell’export totale), ma che ha una propria legittima produzione di Prosecco, impiantato prima del 2009, anno in cui il Prosecco italiano è diventato Indicazione Geografica tutelata. In ogni caso, tutti e tre questi Paesi offrono un potenziale che il Prosecco italiano non ha ancora fatto proprio».

I dati Eurostat ad ottobre 2023 indicano che le riduzioni in volume hanno colpito tutte le categorie di prodotti importati dall’Unione Europea: il Prosecco perde il 12,7 per cento, lo Champagne il 21,5 per cento, il Cava il 13,7 per cento, l’Asti il 15 per cento, i DOP il 26,5 per cento, i varietali crollano del 52,5 per cento ed i generici calano del 19,4 per cento.

Il mercato statunitense importa meno spumanti e, più in generale, tutte le categorie di vino. «Andrebbe, però, affrontato un ragionamento sulla fascia prezzo in cui si inserisce il Prosecco negli Stati Uniti, dato che il valore medio Fob al litro, con costi di spedizione a carico del venditore, è inferiore a quello degli spumanti Dop e Igp e solo leggermente superiore a quello dei varietali, posizionando il valore del Prosecco in una fascia medio-bassa – aggiunge Padoan, che coordina l’Osservatorio del commercio mondiale del vino –.

Quando la competizione si fa serrata e la crescita rallenta o, peggio, inizia il declino delle vendite, agire su promozione e prezzo non è sufficiente a mantenere le quote di mercato: le regole base prevedono il ricorso a differenziazione e diversificazione di prodotto e a nuovi approcci alla distribuzione».

Il Prosecco si trova dunque davanti a un bivio: arroccarsi, rimanendo uguale a se stesso e, quindi, rischiare una battaglia logorante sui prezzi, oppure investire nell’ampliamento della gamma di prodotto e investire in nuove forme di distribuzione diretta, anche attraverso piattaforme aggregative.

Per Padoan occorre affrontare in modo più determinato «mercati finora non adeguatamente sfruttati andando a ri-valorizzare la posizione del prodotto e riorganizzando l’attività di distribuzione diretta e indiretta».

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Nicola Brillo

Nato a Venezia (1976), laurea in giurisprudenza, giornalista professionista. Ha maturato esperienza in quotidiani e periodici economico-finanziari.

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